martedì 17 maggio 2016

Fubini del Corriere della Sera disinforma sul debito pubblico per parare il culo ai ricchi


parare il culo
loc.v. CO volg., proteggere, tutelare qcn. da un rischio: ha fatto un grosso errore, ma i suoi soci gli hanno parato il culo.

DEBITO PUBBLICO
La Banca d’Italia e il sollievo al debito con le nuove mosse della Bce
Gli acquisti di Btp della Banca centrale varranno a regime 215 miliardi. Più consistenti
i risparmi di spesa per gli interessi. Ma è una finestra di opportunità a durata limitata
Federico Fubini   29 marzo 2016

Dell’articolo di Fubini riporto la conclusione, che a mio avviso rappresenta plasticamente il ruolo del Corriere della Sera e dei Fubini,[1] quello di DISINFORMARE e di parare il sedere ai ricchi:
[1] Gli utili idioti dei ricchi del Corriere della Sera

Il governo ha l’ultima occasione per ridurre la spesa e le tasse
Niente di tutto questo risolve il problema del debito, ma il governo italiano oggi ha l’ultima occasione per ridurre la spesa e le tasse, e ridistribuire queste ultime in modo da rendere l’intero sistema più efficiente prima che la magia della Bce svanisca. Se sprecasse l’occasione distribuendo risorse a pioggia e dimenticando la spesa, il contraccolpo arriverebbe con l’esaurirsi del quantitative easing. Le faglie oggi in movimento aprirebbero nuove voragini nell’economia. Già oggi gli italiani vedono assorbiti in interessi sul debito pubblico ben nove euro ogni cento pagati in tasse, più che in Grecia. E gli investitori esteri ormai si tengono sempre più a distanza: ormai detengono solo il 39% dello stock dei titoli del Tesoro, uno dei livelli in assoluto più bassi d’Europa. La Bce e la Banca d’Italia oggi aprono una finestra. Solo l’Italia può approfittarne, oppure no".

Quindi, secondo Fubini, 1. La quota di titoli pubblici italiani detenuti da investitori esteri è pari al 39% del totale; 2. Questo indica che c’è una fuga degli investitori esteri dai titoli di Stato italiani; e 3. Occorre approfittare delle attuali condizioni favorevoli secondo lui irripetibili determinate dal QE della BCE e tagliare le tasse tagliando la spesa pubblica per rendere l’Italia più efficiente (di equità Fubini non parla).
Vediamo allora punto per punto la validità delle tesi di Fubini.

1. Quota del debito pubblico detenuto da investitori esteri
Dall'ultimo bollettino della Banca d'Italia, nell’ambito delle sue pubblicazioni mensili che riportano i dati relativi al fabbisogno e al debito lordo delle Amministrazioni pubbliche[2]
[2] https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/finanza-pubblica/, in alto a destra si può scegliere l’anno, il dato “non residenti” fino al 2012 è nella tavola 5, dal 2013 nella tavola 8, ma poiché ciascun anno arriva al mese di ottobre ho preso il 2011 per ricavare il 2009 e il 2010, il 2013 per ricavare il 2011 e il 2012, e il 2016 per ricavare il 2014 e il 2015)
Finanza pubblica, fabbisogno e debito https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/finanza-pubblica/2016-finanza-pubblica/suppl_24_16.pdf, tavola 8, risulta che, al 28 febbraio 2016, la quota del debito pubblico in mano a non residenti ammonta a 745.012 milioni di €, pari al 33,6% del totale di 2.214.784€, quota sostanzialmente stabile da alcuni anni intorno ad 1/3 del totale, anzi in leggera risalita nell’ultimo biennio.[3]
[3] 2009 744.405 milioni di € su un totale di 1.763.628 pari al 42,2%; 2010 811.208 su 1.842.826 pari al 44,0%; 2011 730.301 su 1.907.612 pari al 38,3%; 2012 695.432 su 1.989.431 pari al 34,9%; 2013 658.683 su 2.069.692 pari al 31,8%; 2014 716.328 su 2.135.902 pari al 33,5%; 2015 740.283 su 2.171.671 pari al 34,1%.
Quindi, dai dati della Banca d’Italia, il dato effettivo è inferiore di cinque punti percentuali al 39% indicato da Fubini (che è invece in linea con il valore consuntivato nel 2011) e giudicato da lui allarmante perché indicativo di fuga dai titoli di Stato italiani degli investitori esteri.

2. Fuga degli investitori esteri dai titoli di Stato italiani
La quota di debito pubblico italiano detenuto dall’estero non si è contratta negli ultimi tre anni, evidentemente Fubini o lo ignora o ha scritto una balla per sorreggere la sua tesi. Dagli stessi dati della Banca d’Italia esposti sopra, risulta che la fuga dai titoli di Stato italiani (ma, rispetto al 2009, non in valore assoluto, bensì soltanto in percentuale sul totale) è avvenuta ben prima di quanto afferma Fubini e cioè in piena crisi economica nel triennio 2011-2013,[3] e fu senz’altro effetto della crisi di fiducia dei mercati finanziari, però indotta, a ben guardare i dati, più dalla cattiva fama del governo Berlusconi e dall’attacco della speculazione finanziaria mondiale che aveva scommesso sul fallimento dell’Euro, agevolata dalla quasi latitanza della BCE, che dai fondamentali macroeconomici dopo il mastodontico risanamento dei conti pubblici effettuato a partire dal 2010 dopo la crisi della Grecia, per 4/5 dal governo Berlusconi e 1/5 dal governo Monti.[4]
[4] Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
Riepilogo delle manovre correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld (80,8%);
- governo Monti 63,2 mld (19,2%);
Totale 329,5 mld (100,0%).
Infatti, nel luglio del 2012, bastò una semplice frase, il famoso “whatever it takes” del presidente della BCE Draghi, a fermarla, senza spendere un Euro. A dimostrazione del fatto che il debito pubblico, se si ha alle spalle una banca centrale degna di questo nome (FED, BoJ, BoE, ecc. e com'è l'attuale BCE, dopo un’inerzia di sei anni rispetto alle altre!)[5] non è un grosso problema. 
[5] Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE
Il debito pubblico italiano è molto elevato, ma, grazie ai sacrifici degli Italiani, soprattutto i poveri cristi, e alla BCE che fa finalmente il suo dovere e lo dovrà continuare a fare, in parte, anche in futuro, gli interessi passivi sono calati sia in valore assoluto (da un picco di 84 mld nel 2012 a 70 mld nel 2015) che come incidenza sul Pil (dal 5,2% al 4,2%).
Inoltre, come dimostra ampiamente il Giappone che pur avendo un debito pubblico monstre pari quasi al 250% del Pil paga un tasso d’interesse irrisorio, si può senza dubbio aggiungere che è meglio che il debito pubblico sia in mani italiane anziché straniere, tipo la Deutsche Bank, le cui vendite nel 1° semestre 2011 di titoli di Stato italiani[6] innescarono la speculazione mondiale sul debito pubblico italiano e la febbre da spread, con conseguente necessità di varare manovre correttive pesantissime e inique (segnatamente del governo Berlusconi-Tremonti) a carico in grandissima parte dei poveri cristi.
[6] La Procura di Trani, Deutsche Bank e Mario Seminerio, il terzo più “stupido” d’Italia

3. Taglio della spesa pubblica per tagliare le tasse e aumentare l’efficienza dell’Italia
In recessione ridurre il debito non è una priorità, anzi è dannoso. Inoltre, poiché ogni anno c’è un deficit, il debito pubblico ovviamente non può che crescere in termini assoluti, come avviene da almeno 20 anni, quindi, come spiega anche Padoan, vedi l’ultima diatriba con il bugiardo Weidmann,[7] occorre, oltre che aumentare l’inflazione (al livello dell’obiettivo statutario della BCE: poco sotto il 2%) per ridurre l’onere reale del debito (e il QE da solo, checché ne dicano i neo-liberisti, come si vede non è capace di ottenerlo), preoccuparsi e intervenire solo sul rapporto debito/Pil, intervenendo sul denominatore (i.e. crescita).
Ma non basta una politica monetaria espansiva (tassi bassi e QE), occorre anche una politica fiscale espansiva da parte degli Stati (o dell'UE), ma la Commissione europea (lèggi: Germania) non vuole. Come spiega anche Martin Wolf (in ritardo di 3 anni rispetto ad altri), il problema dell'Eurozona è la GERMANIA.[8]
[8] È la Germania il più grande problema dell'Eurozona
di Martin Wolf 12 maggio 2016
E i 7 o 9 mld annui di Fubini, prodotti dal calo dei tassi sul debito pubblico, come egli presumo sappia benissimo ma fa finta per parare il culo ai ricchi, sono drammaticamente insufficienti per rendere più efficiente il Paese (e l'equità?) e incentivare la crescita; perfino un neo-liberista (un po’ pentito, come tantissimi altri neo-liberisti) come Giavazzi scriveva tre anni fa sul Corriere, assieme al suo sodale Alesina, di uno shock di 50 mld, anche se a modo suo, cioè sbagliato[9]. Che comunque si possono ricavare da un mix di misure purché eque, che cioè chiamino a contribuire soprattutto i ricchi introducendo un’imposta patrimoniale straordinaria (vedi ad esempio Piano taglia-debito per la crescita  http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2792930.html  oppure (se in avaria) http://vincesko.blogspot.com/2015/06/piano-taglia-debito-per-la-crescita.html).
E’ vero che un’imposta patrimoniale straordinaria sui ricchi darebbe un beneficio solo temporaneo, ma comunque, primo, sarebbe intanto una misura di equità visto che l’onere del risanamento mastodontico è stato addossato in grandissima parte sui NON ricchi (parlo anche per esperienza personale); secondo, ci darebbe, oltre che l’agio di non sottostare ai ricatti dei creditori, il tempo - visti i vincoli esterni che impediscono di manovrare sul cambio e di aumentare il deficit - di migliorare l’efficienza del sistema-Paese: aumento della produttività e riqualificazione – NON riduzione - della spesa pubblica, la cui componente principale, la spesa pensionistica, dopo le ben 8 riforme delle pensioni dal 1992, è giudicata dalla Commissione europea e dagli esperti (anche finanziari!) tra le meno preoccupanti e più sostenibili nel lungo termine[10]
[10] Lettera ai media, al Governo, al PD e ai sindacati: le pensioni e Carlo Cottarelli http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2833739.html  oppure http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lettera-ai-media-al-governo-al-pd-e-ai.html
Né in recessione va ridotta la spesa pubblica poiché è una misura pro-ciclica e quindi aggrava la crisi, spesa che peraltro non è comparativamente elevata rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea,[11] e questo Fubini dovrebbe saperlo; essa quindi va solo riqualificata, stornando quote di essa da capitoli improduttivi a produttivi, i.e. investimenti in infrastrutture e in settori mirati.
[11] La spesa pubblica non va tagliata
La spesa pubblica, infatti, è COMPLESSIVAMENTE in linea con la media UE e l’Italia è OGGETTIVAMENTE (cioè in base ai dati) il Paese più virtuoso poiché da 20 anni (tranne due) fa registrare un avanzo primario (al netto degli interessi passivi) talvolta anche consistente ed è uno dei pochissimi Paesi che rispetta il limite del 3% del deficit/Pil (cfr., più sopra, Piano taglia-debito per la crescita).

[9] Data l'importanza dell'argomento, ho posto questa nota alla fine e suggerisco di leggere con attenzione l'articolo di Alesina e Giavazzi, la risposta di Fassina, la replica di Alesina e Giavazzi e il mio commento:

DEFICIT, TAGLIO DELLE TASSE E CRESCITA
La prigionia dei numeri
Alberto Alesina e Francesco Giavazzi   24 settembre 2013

DISPUTE
I tagli «impossibili», le spese eccessive
Stefano Fassina   25 settembre 2013
NB: In calce c’è la replica di Alesina e Giavazzi (sacerdoti dell’ossimorica austerità espansiva che tanti danni ha causato ai poveri cristi poiché è stata presa a base dalla Commissione europea e dal FMI (che però poi tre anni fa si è pentito e ha invitato a cambiare la politica economica in senso keynesiano (cfr. ad esempio Il FMI, gli investimenti pubblici si ripagano da soli http://keynesblog.com/2014/10/09/il-fmi-gli-investimenti-pubblici-si-ripagano-da-soli/) per imporre l’austerità economica e le cosiddette riforme strutturali, i. e. deflazione dei salari e dei diritti) che si fanno forti della tesi FMI, poi rivelatasi errata per ammissione dello stesso FMI, per bocca del suo capo economista Blanchard, dei moltiplicatori taglio spesa/taglio tasse (cfr. Il Fondo Monetario insiste: sull’austerità ci siamo sbagliati  8 gennaio 2013   http://keynesblog.com/2013/01/08/il-fondo-monetario-insiste-sullausterita-ci-siamo-sbagliati/). Al riguardo vedi anche questo mio commento (in Dialogo su John Maynard Giavazzi (o quasi)  http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2817550.html  oppure  http://vincesko.blogspot.com/2015/07/dialogo-su-john-maynard-giavazzi-o-quasi.html):
3) A proposito di errori e di moltiplicatori, faccio rilevare che, nel 1° articolo del Corriere che ho linkato, Giavazzi e Alesina scrivono:
“Punto primo. Tutti gli studi (sia accademici che del Fondo monetario internazionale che della Commissione europea) concordano sul fatto che gli aggiustamenti fiscali fatti aumentando le aliquote hanno creato recessioni più forti di quelli che hanno operato riducendo le spese. Non solo: la spirale di aumenti di aliquote, recessione, riduzione di gettito, tende a creare un circolo vizioso in cui l’economia si avvita in una recessione sempre più grave. Quella di cui leggiamo è una manovra fatta per tre quarti di maggiori tasse e solo per un quarto di minori spese”.
Com’è noto, a) l’FMI ha ora ribaltato la sua convinzione sul moltiplicatore delle tasse e della spesa; b) un fatto analogo è successo per la tesi di Reinhardt e Rogoff; (i cui studi sono un punto di riferimento e uno dei fondamenti teorici degli interventi dell’FMI e non solo): c’è sì una relazione tra debito pubblico e crescita, ma nel senso che è il rallentamento della crescita che fa salire il debito pubblico: praticamente l’opposto; e infine c) è stata messa in discussione la formula applicata dalla Commissione Europea sulla disoccupazione strutturale per il calcolo del deficit strutturale.[1 2]


Articolo collegato:

Ho trovato oggi, 9/2/2017, questo articolo di critica ad un altro articolo di Fubini sul debito pubblico  (http://www.corriere.it/economia/16_febbraio_19/veto-renzi-berlino-partita-banche-147263b6-d67e-11e5-8e4b-2c56813c9298.shtml).

Il Corriere della Sera, Monti, l’ossessione per il debito e la religione sbagliata
Michele Arnese  -   


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